Amici

Amici

Cosa è, veramente, un amico?
Banalmente, un amico è solo una persona con cui essere chi sei davvero, senza dover fingere o dimostrare di essere null’altro.
Ma chi sono i nostri amici?
Gente che ci vuole bene, così limitati, impuri e infelici come siamo, o gente che ci vuole sì bene, ma che ce ne vorrebbe di più se solo….
Gente che rimane impassibile davanti alle nostre meschinerie, alle nostre défaillances, alle nostre figure di merda, o gente che di fronte a minimo sgarro ci inchioda con l’ironia, ci disprezza con lo sguardo, ci umilia con la maldicenza?
Quanta di gente frequentiamo e trattiamo con rispetto ed educazione, quando invece dovremmo eliminarli al più presto dalle nostre vite per salvarci dallo tsunami di energia negativa che ci scaricano addosso senza ritegno alcuno?
Non che io li giudichi. O che mi ponga al di sopra di loro. O che in qualunque maniera pensi male di loro. Solo, per il mio bene e la mia salute fisica e mentale, devono starsene ben lontani dalla mia vita.
Perché frequentare scientemente e volontariamente qualcuno che, invece che amare noi incondizionatamente ama, ricambiato, il nostro Io Merda, è qualcosa di profondamente malsano, senza dubbio alcuno.
Qualcuno che invece che una persona vede in noi uno specchio delle sue debolezze, e siccome non ha ancora la forza e la capacità di affrontarle in se stesso, queste debolezze, le cerca di eliminare in noi come si eliminano gli scarafaggi dalle tubature.
Senza pietà.
Perché la poca pietà di cui è capace la sta usando per tentare di giustificare se stesso e le sue inadeguatezze, che non sa accettare e odierebbe con la stessa intensità con cui le odia in noi, se non ci fossimo a fargli da parafulmine.
Per cui ti ritrovi ad andare a certe cene dove cominci a sudare quando sei ancora sotto la doccia. Dove vorresti poterti mettere un’armatura, invece che un vestito da sera e degli scomodissimi tacchi.
Quelle cene a cui accetti di andare con gioia, non perché ne hai voglia, ma perché c’è la gente giusta, quelli che per motivi economici, sociali, ma principalmente per banalissime issues legate alla tua insicurezza (e dico issues e non questioni perché sono un’insicura) tirano fuori il peggio di te.
E il bello è che tu sei convinto che sia il meglio.
Perché quando sei con LORO, ti senti in obbligo di essere benvestita. Perché per tentare di essere come LORO ti affami e ti punturinizzi e ti laseri e ti tingi i capelli e ti depili e spendi fortune in vestiti e accessori cool. Perché quando sei con LORO, diventi ironica, cinica, intelligentissima e fondamentalmente stronza.
In pratica sei tutto quello che il tuo Io Merda vorrebbe che tu fossi e che invece tu (per fortuna) non sei.
E l’ironia è che loro fano la stessa identica fatica che fai tu, e quando a casa si spogliano dei loro vestiti stiratissimi e delle loro pettinature costose, nella solitudine delle loro stanze, si sentono vuoti e miserabili e piccoli e brutti proprio come ti senti tu.
E probabilmente si lasciano anche andare a qualche segreta e sonora scoreggia.
Poi, grazie a Dio, che nonostante tutta la nostra ignoranza per fortuna ci vuole sempre bene, ci sono gli amici veri.
Quelli che ci hanno visto al peggio: ubriachi, sfatti d’amore non ricambiato, di paura, di disperazione. Quelli che ci hanno tenuto la testa quando vomitavamo Batida de Coco a 17 anni. Quelli che ci hanno accompagnato sotto casa dell’ex fedifrago alle 4 di notte senza battere ciglio, sapendo già come sarebbe andata a finire. Quelli che conoscono bene i nostri lati più oscuri e che amiamo come fratelli, ma che appena abbiamo l’occasione di passare una serata con LORO, pacchiamo senza ritegno: “scusa, mi hanno invitato a una cena” tanto sai che puoi sempre vederli domani.
Quelli con cui sei sempre stato e sempre potrai essere te stesso.
Quando non ti vuoi bene fai fatica a capire la differenza. L’amico vero ti fa stare bene, ma in fondo un po’ lo disprezzi, perché rispecchia il vero te stesso che non vuoi vedere, mentre il falso amico, con le sue critiche e i suoi giudizi, ti attira irresistibilmente con la chimera di un te migliore, che non esiste e che se esistesse ti renderebbe profondamente infelice, ma tu non ne hai la minima consapevolezza.
Quando cominci ad amarti, e impari a discernere ciò che è davvero bene per te, ti viene di colpo una voglia pazza di liberarti dei falsi amici, delle persone che da te altro non cercano che un bersaglio per le loro menate irrisolte.
Ma una chance la si deve dare a tutti.
Quindi adesso alle cene ci vado in ciabatte, se ne ho voglia. Altre volte ho voglia di tacchi, ma sono sempre meno.
E qualcuno di vero nella massa di infelici lo trovo sempre. Come se avessi il radar, a ognuna di queste serate in cui la conversazione è una gara a chi ce l’ha più duro tra i maschi e a chi ha la coscia più tonica e le scarpe più costose e i figli più biondi tra le femmine, becco sempre quelli come me che li vedi lontano un miglio che stanno facendo finta, e che vorrebbero essere svaccati per terra sotto le stelle a sparare cazzate in jeans e maglietta, invece che in questo showroom per insicuri troppo magri e benvestiti dove l’energia viene sprecata nello sterile tentativo di soddisfare un ego anoressico con pericolose manie di grandezza. Che lo sanno tutti che l’anoressico non è mai soddisfatto, per definizione.
Sembra assurdo, ma siamo ancora immersi fino al collo nella grande mistificazione del cattolicesimo, che dai e dai è riuscito a ribaltare completamente quello che è l’insegnamento di Gesù, che ci invita ad amarci e ad amare in maniera spudorata e senza ritegno alcuno, sostituendolo con l’immane baggianata che nella vita bisogna soffrire e giudicare (e di conseguenza far soffrire e farci giudicare).
Non ci concediamo di godere, perché siamo inconsciamente convinti di stare commettendo peccato mortale.
I soldi? Peccato! Il sesso? Ahhhhhghhh! Il cibo? Ingrassa! Il vino? Fa male! La Marijuana? Vietata dalla legge! Ridere sguaiatamente non è chic, essere spettinate è peggio che commettere infanticidio ed essere malvestite, o peggio ancora, fisicamente fuori forma, un delitto contro la morale da pagare con l’ostracismo dal consesso degli umani.
Bisogna invece: lavorare tantissimo, e possibilmente facendo qualcosa che non ci piace, se no non vale; dimagrire il più possibile; guadagnare un casino di soldi ma assolutamente non spenderli per divertirsi (che non sta bene); stare per tutta la vita con la stessa persona (anche se dopo qualche anno la prospettiva di scoparsi il calorifero del bagno diventa più allettante di quella di scoparsi tua moglie); rimanere giovani almeno fino agli 85 anni; frequentare amici altrettanto frustrati, infelici e giudicanti, ma soprattutto inculcare nei tuoi ignari e innocenti figli e nipoti la certezza che i tuoi valori del cazzo siano gli unici davvero degni di essere tramandati.
Che tutti, e dico tutti, i miei amici che da giovani facevano gli anarchici e gli alternativi hanno fatto fare ai figli comunione e cresima. Nel terzo millennio.
Eccheccazzo!
Ma se Dio davvero volesse che noi disprezzassimo il denaro, ripudiassimo il vino, schifassimo il sesso, odiassimo il buon cibo e ci sentissimo in colpa di fronte a qualunque piacere mondano, perché, da onnipotente qual è, avrebbe creato tutte queste cose, ce le avrebbe schiaffate sotto il naso e, soprattutto le avrebbe rese così divertenti? Se la vecchiaia fosse davvero un peccato mortale, come la bruttezza e la debolezza fisica e psicologica, perché negli altri ci fa tenerezza, mentre in noi stessi la riteniamo inaccettabile? Se essere ingenui, appassionati, altruisti, gentili e compassionevoli è da sfigati, mentre non salutare, guardare dall’altro in basso, spettegolare, essere disincantati e cinici e giudicare a più non posso chiunque non si pieghi alle nostre regole cretine è da fighi, che cazzo viviamo a fare?
Io, mi dispiace, ma è da un pezzo che a questo gioco non voglio giocare più.
Quando cominci a volerti bene, il pseudoamico che ti fa la battutina stronza per rintuzzarti una mancanza o una debolezza, non fai nemmeno lo sforzo di mandarlo affanculo. Smetti di frequentarlo e basta. E siccome ti vuoi bene, ti circondi solo di gente che ti vuole bene. E sei sempre più incoraggiato a essere quello che sei veramente, e incoraggi che hai vicino a essere chi è veramente. E mentre circolano la paura, la rabbia, l’invidia e il dolore e tutte quelle emozioni umane che tutti proviamo e che i nostri Io Merda cercano disperatamente di negare e reprimere, con l’unico risultato di renderle sempre più potenti, liberamente e senza vergogna o condanna alcuna circolano anche il piacere e l’amore.
E finalmente viviamo questa brevissima vita nell’unica maniera in cui dovrebbe essere vissuta: con amore, passione, e verità.
Perché mi dite cosa vi serviranno nella tomba il vostro essere cool, eleganti, magri, cinici, ricchi o qualunque stronzata cercate di essere tutti i santi giorni e pensiate possa davvero essere importante per la vostra vita e la vostra felicità?
Io credo che l’unica sia godere il più possibile di quello che ci è stato dato, finché possiamo, senza sensi di colpa, nel pieno rispetto per noi stessi, gli altri, comunque abbiano scelto di vivere la loro vita, e per tutte le forme viventi che con noi abitano questo pianeta.
Vivere secondo il principio di piacere che la chiesa e la mentalità da essa derivante ci hanno insegnato essere diabolico.
E invece, siccome altro non è che grandissimo amore per noi stessi e per gli altri che come noi ogni giorno cercando di convivere con le proprie umane debolezze, è quanto di più divino possa esistere.

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